[INTERVISTA]: Simone Bennati di Bennaker.com

 

 

bennaker

 

Eccoci alla seconda intervista e questa volta tocca a un blogger romano che riscuote successo su Facebook  grazie ai sui post pungenti ma che fanno riflettere, le sue avventure/disavventure con i mezzi pubblici romani raccontate attraverso Twitter e le sue “battaglie” per rendere LinkedIn un posto migliore. Lui sul web è conosciuto come  Bennaker,  ma il suo vero nome è Simone Bennati e il suo blog è Bennaker.com .

 

LE DOMANDE A SIMONE BENNATI

Ciao Simone, prima di tutto volevo ringraziarti per il tempo che hai impiegato a rispondere alle domande per il mio blog. Andiamo a scoprire subito qualcosa in più su di te attraverso alcune domande.

 

Presentati spiegando ai lettori chi sei, cosa fai nella vita e come mai hai deciso di scrivere e dedicare costi tanto tempo al blog Bennaker.com

Maschio, razza caucasica, 33 anni (portati splendidamente) e “romano de Roma”. Questo è più o meno tutto quello che riesco a ricordare di me senza andare a sbirciare nella Carta d’Identità. Mi auguro possa bastare…

Spiegarti cosa faccio, invece, è leggermente più complesso. Nel senso che nasco come grafico e web designer, ma negli anni mi sono dovuto reinventare più e più volte. Ad oggi, ad esempio, oltre ad occuparmi ancora dello sviluppo di siti web, gestisco i canali social dell’agenzia di comunicazione per la quale lavoro, nonché i contenuti del blog aziendale.

Bennaker.com, ovvero il mio blog personale, rappresenta una grande varietà di “cose”: è una sfida; un investimento sul futuro; un trampolino di lancio; un luogo in cui fisso le mie osservazioni e le mie esperienze, condividendo quello che penso possa tornare utile agli altri. È però anche una valvola di sfogo. Sì, perché scrivere di Social Media o di Digital Marketing non significa per forza “essere tecnici”. Ci vuole cuore (e bile) anche per quello.

 

Ad oggi è ancora importante avere un blog per un professionista o per un’azienda che si vuole far conoscere?

Concedimi una risposta secca: sì, è importante. E il perché è oltremodo semplice: viviamo in un’epoca in cui l’offerta supera la domanda e chi acquista vuole essere sicuro di non sbagliare investimento.

Ne consegue che, se si è tra quelli che vogliono mettersi sul mercato, non solo bisogna rendersi visibili, ma anche dimostrare di essere competenti in quella che è la propria materia. E un blog, in tal senso, può rappresentare una carta vincente.

Inoltre, il fatto che siamo continuamente bombardati da tutto ciò che è immagine fa sì che la parola e la conoscenza acquisiscano automaticamente un valore inestimabile.

 

Come nasce un tuo post e, mediamente, quanto tempo impieghi a scriverne uno?

Tutti i miei post sono figli delle esperienze che vivo e delle osservazioni che traggo. Se scrivo di un’app, ad esempio, lo faccio perché un particolare evento o una specifica esigenza mi hanno portato ad averne bisogno.

Una delle regole che mi sono dato, infatti, consiste nel non scrivere mai di qualcosa che non conosco o che non mi ha pienamente soddisfatto. Non sarebbe onesto nei confronti dei lettori e questo metterebbe in discussione tanto la mia competenza, quanto la mia affidabilità.

Sai quanto ci metto a scrivere un post? Un pacchetto di sigarette. A volte anche uno e mezzo. Dipende da quanti cocktail mi faccio…

 

Scrivi tanto ma non ho mai visto un tuo video. Non hai mai pensato di “sbarcare” su Youtube e fare quello che fai con il blog? Alla fine i “GURU” del Web dicono che il futuro della comunicazione sono proprio nei video. Tu che ne pensi?

Posto che “i Guru del web” possono dire il cazzo che gli pare, quello dei video, in realtà, lo vivo come un vero e proprio handicap. Sì, perché io ho sempre detestato mostrarmi: nei pochi selfie che mi scatto, ad esempio, taglio sempre il volto e mi capita rarissimamente di partecipare a quelli di gruppo. Tra selfie e “video motivazionali”, sono talmente stanco di guardare facce sui social che a stento riesco a sopportare la mia.

Quindi sì, magari i video saranno pure il futuro della comunicazione, ma dubito che tra questi figureranno anche i miei. Chi avrà pazienza di leggermi, leggerà. A tutti gli altri mando già da subito un grande abbraccio.

 

Che rapporto hai con i Social ?

Minchia che domanda difficile…

Mettiamola così: i social sono per me un’estensione della mente. Non della mia in particolare, ma di quella di tutti. Questo significa che tutto ciò che è prodotto dal nostro cervello può arrivare ovunque e generare una moltitudine di reazioni, in un gioco in cui l’imprevisto è parte integrante del tutto.

Il rapporto che ho con i social, dunque, è quello che ho con un qualsiasi altro strumento utile ad arrivare dove da solo non potrei arrivare mai. Un po’ come funziona con gli aerei e il cielo o con i sottomarini e le profondità degli oceani. I social mi permettono di esplorare dove il mio occhio non riuscirebbe a guardare e, nel contempo, fanno sì che il mio messaggio arrivi anche in luoghi fisicamente molto remoti.

Sì, lo so: è una visone estremamente romantica, la quale mal si sposa con la realtà dei gattini, dei quiz matematici e delle foto da troione con citazione filosofica annessa, ma io, se guardo al senso più profondo del mezzo, è questo ciò che vedo. Ed è così che lo vivo.

 

Un tuo commento su Facebook sotto una foto di Mark Zuckerberg, che correva per le strade romane, ha fatto (come si dice a Roma) il botto da un punto di vista di like. Ma è così importante ottenere tanti like sotto ad ogni post? Il like portano veramente a qualcosa, oltre che a gonfiare il proprio ego?

Voglio essere sincero: i like non servono a un cazzo.

E no, la mia non è una sparata detta “tanto per”. È che, effettivamente, i like non provano niente. Così come a non provare niente sono i retweet, i cuori, i +1 e tutte le altre “vanity metrics” delle quale ci abbuffiamo compulsivamente.

L’unica vera prova del valore e dell’efficacia di un qualcosa la si ha nel momento in cui quel qualcosa, fosse anche un oggetto, fa il suo ingresso nella vita di una persona e la semplifica, la arricchisce, la stimola, la ravviva o magari addirittura la cambia.

Hai presente quando uscì il primo iPod? Ecco. Ti faccio un altro esempio: metti che scrivo un post in cui esprimo la mia opinione su di uno specifico argomento. Ad un certo punto, questo post finisce sotto gli occhi di Maria, la quale lo legge, ci riflette un attimo e poi mi scrive: “Ma lo sai che non avevo mai considerato la questione da questo punto di vista? Da oggi in poi ne terrò conto”.

Ecco, è in questo momento che ciò che hai prodotto diventa importante. E a dargli importanza è il fatto che sia entrato nella vita di qualcun altro, ricavandosi un suo spazio e costruendosi un suo ruolo. Se questo è piccolo o grande non conta: conta solo il fatto che prima non c’era e invece ora c’è.

Questa è l’unica “grandezza” della quale bisogna tenere veramente conto.

 

Parliamo di LinkedIn, sia io che te ogni tanto pubblichiamo post critici (ma tu ne hai fatto quasi una crociata) sottolineando il cattivo utilizzo del Social da parte di molti “professionisti”. Secondo te è un problema degli over40 e della loro voglia di tornare “bambini” o che effettivamente in Italia non abbiamo una cultura digitale?

Il problema di LinkedIn non sono gli utenti over 40, ma il modo in cui la maggior parte delle persone ha approcciato alla piattaforma. Un modo cieco, superficiale, supportato da un incontrollabile entusiasmo dovuto all’arrivo del cosiddetto “Facebook del lavoro”.

LinkedIn, però, non è Facebook e il fatto che entrambi siano due social network (o meglio, social media) non significa che vadano utilizzati allo stesso modo.

Una zuppa di pesce ed un acquario che è stato fatto bollire, per quanto visivamente simili, non sono certo la stessa cosa. La prima te la magni, il secondo spero de no…

Prima di iniziare ad utilizzare uno strumento, sarebbe buona norma comprenderne ilfunzionamento, nonché il fine per il quale questo è stato concepito. Se lasciamo che siano la fretta e la presunzione a dominare il nostro approccio al nuovo, tecnologicamente potremmo anche diventare super avanzati, ma mentalmente resteremo sempre e comunque dei simpatici trogloditi.

 

Parliamo di Twitter, una volta era un Social per pochi (usato anche molto dai giornalisti) adesso invece sembra un salotto per commentare le trasmissioni TV e dove va in tendenza il trash del trash. Cosa ne pensi di questo Social ? Meglio un club per pochi o aperto a tutti?

Io amo Twitter. Davvero, lo amo. Dopo Google, è la 2° fonte di traffico di Bennaker.com. Quindi immagina quanto può essere utile per diffondere i propri contenuti…

Il problema di Twitter risiede principalmente nel suo non essere “user friendly”. Un aspetto, questo, che mal si sposa con la prigrizia e la scarsa acutezza che caratterizza la maggior parte di noi.

Dal mio punto di vista, il fatto che la televisione abbia trovato in Twitter un terreno più che fertile dipende da un solo fattore: Twitter, molto più di Facebook, ti dà l’illusione di poter interagire con realtà e personaggi altrimenti inarrivabili, come le star del cinema, della musica e del piccolo schermo. Ed è esattamente per questo che molti si iscrivono.

Stando a quanto ho potuto osservare, i tweet in cui sono presenti gli hashtag collegati alle trasmissioni televisione si dividono in 2 categorie: quelli di chi vuole dire la sua su ciò che sta andando in onda, magari perché si sente in profondo disaccordo con le opinioni degli ospiti, e quelli di chi, invece, pur non nutrendo alcun particolare interesse verso la trasmissione in sé, cavalca l’onda al fine di ottenere visibilità per se stesso.

Ecco, quindi, che si cominciano a twittare battute indirizzate a #gazebo, GIF animate improntate sui personaggi di #uominiedonne e commenti ironici sui concorrenti di #pechinoexpress.

La speranza alla base di tutto questo twittare è, da un lato, quella che i tweet vengano presi in considerazione e magari mostrati in trasmissione; dall’altro, invece, è che il pubblico di questi programmi, una volta intercettato il tweet, cominci a retwittarlo, macinando un mare di interazioni.

È l’apparire, dunque, il fine ultimo di molti di quelli che twittano di televisione. Se i programmi televisivi non avessero mai cominciato a lanciare gli hashtag, dubito fortemente che su Twitter qualcuno si sarebbe mai espresso in merito al look del tronista del giorno. Farlo oggi, invece, può portarti tanta, tanta, tanta visibilità.

 

Il “web può essere cattivo” e in questi ultimi mesi abbiamo avuto dei casi di cronaca che lo confermano (vedi caso Tiziana Cantone). Ti sei fatto una tua idea su queste vicende? Secondo te è giusto punire la “gogna mediatica” con una “gogna mediatica” alla Selvaggia Lucarelli ?

Il discorso è estremamente delicato, specie perché dietro ad ogni storia si nascondono intrecci noti solo a chi certe situazioni le ha vissute direttamente. Quello che ci arriva, quindi, spesso e volentieri è solo la punta di un iceberg ben più imponente.

Ciò che solitamente faccio, infatti, è evitare di commentare certe storie. I social, in situazioni del genere, possono diventare molto pericolosi e, parlando da persone non informate dei fatti, rischiamo di fare e/o di farci veramente molto, molto male.

Stamose zitti, che quello di sicuro male non ce fa.

 

CONCLUSIONI

Grazie Simone per il tuo tempo e per le risposte interessanti che hai lasciato. Se l’intervista vi è piaciuta mette un LIKE e CONDIVIDETELA, se invece volete seguire Simone questi sono i suoi Canali Social:

 

 

E naturalmente il suo blog Bennaker.com .

 

Se ancora non sei diventato fan su Facebook di Toxnetlab’s Blog puoi farlo cliccando: Toxnetlab’s Blog Facebook.

Se il post ti è piaciuto metti un Mi Piace e/o lascia un commento e condividilo sui vari Social (sempre se vuoi  😀 ).

 

Pubblicato da Mr Tozzo

Ciao sono ANDREA TOXIRI (aka Mr Tozzo), Street e Portrait Photographer. La fotografia è una passione che coltivo da tempo e che in questi ultimi anni è diventata sempre più dominante. I generi di fotografia che preferisco sono: Street Photography, Portrait, Sport e Foto Reportage, naturalmente alla pratica affianco sempre lo studio per tenermi sempre aggiornato e migliorare il mio stile.

36 pensieri riguardo “[INTERVISTA]: Simone Bennati di Bennaker.com

  1. “Voglio essere sincero: i like non servono a un cazzo”.

    In effetti – a me interessano solo nella misura in cui aiutano a diffondere il contenuto (un po’ come su LinkedIn, per intenderci).

    I commenti sono già una metrica migliore, penso 🙂

    Piace a 2 people

  2. Simone è la dimostrazione che si possono dire cose serie anche con uno stile talvolta sfacciatamente dissacrante 😉 Concordo che l’importanza di un contenuto si rivela tale nel momento in cui lascia un segno in chi l’ha letto: che sia un’opzione d’acquisto o una riflessione che ti resta dentro, ha dato un valore a chi l’ha scritto. Like o numero di visualizzazioni gratificano, certo, ma a una valutazione quantitativa sarebbe da preferire sempre una qualitativa.

    Piace a 3 people

    1. Sarà banale come concetto ma la qualità, cazzo, la qualità è quella che conta e non la quantità.

      Avere 1000 like sotto un post può essere appagante e gonfierà sicuramente il tuo EGO ma alla fine che ci fai?

      A questo punto sono meglio i commenti (se intelligenti), perché alla fine creano ulteriori contenuti che possono dare spunto ad altre riflessioni.

      Per quanto riguarda Simone è inutile dire che concordo, altrimenti non avrei fatto l’intervista.

      Piace a 3 people

      1. Lo dico sinceramente 😉 questi blogger, e non solo blogger se sanno fare bene non possono non avere dei risultati cosi! Il web è funzionale quando c’è interazione, quindi reciprocità. Vero che ognuno ha piena libertà di azione ma quando hai davanti qualcuno che ti spiega, ti sprona e ti interessa ciò che fa o come lo fa….non puoi non dire: eccomi! Mr Tozzo e non solo sono i miei preferiti 😉

        Piace a 2 people

  3. Sempre più spesso mi accorgo che una considerazione banale, proprio perché la si ritiene per sua natura scontata, viene sottovalutata, se non rimossa. E così, nella pubblicazione di articoli, l’apporto di contenuti utili più a creare consensi o a impinguire un blog che non a lasciare un segno, diventa una costante diffusa. Sebbene il lettore attento riesca a selezionare la sostanza dall’apparenza, credo che l’approccio approssimativo e superficiale di parecchi che navigano sul web porti poi a facili generalizzazioni, che alla lunga penalizzano lo strumento “blog” nel suo insieme. La stessa attitudine a gratificare con like gli articoli – tanto non costa nulla – soprattutto sui social, può indurre a una facile tentazione al ribasso in chi li scrive: – perché impegnarsi tanto, se ricevo lo stesso consensi? -.

    Piace a 3 people

    1. Bravo! E’ la stessa riflessione che mi trovo a fare spesso anche io e non solo guardando all’ambito del blogging, ma anche paragonando contenuti di natura diversa.

      Nel senso: posto che ciò che conta sono i like (cosa non vera, ma questo lo abbiamo già detto) e che un selfie me ne porta 80, mentre un articolo me ne porta 20, che scrivo a fa?

      Oltre ad essere più redditizio, il selfie mi impiega anche molto meno tempo, quindi non c’è partita tra i due!

      Il fatto è che un selfie non sortirà mai l’effetto che sortisce nella persona un articolo, sia esso tecnico, emozionale, etc. E con “effetto” non intendo una risatina o un “Che bello!”, ma proprio il lasciare un segno nella vita del fruitore.

      Piace a 4 people

      1. C’è gente che a colpi di selfie (con almeno 100 like) è diventato influencer… del resto il klout non fa differenze ma guarda solo la quantità.

        Tempo fa feci un piccolo esperimento, grazie a un tweet (che era una stronzata e che non portava niente ai lettori) ho guadagnato 1 punto nella scala del klout… pensa a fare una cosa più studiata a tavolino come riesci a scalare le “classifiche”.

        Piace a 2 people

  4. Nell’evidenziare la priorità a ciò che lascia un qualcosa, rispetto alle valutazioni di consenso dei visitatori, si potrebbe intravedere la classica considerazione “beh… l’uva è ancora acerba”. D’altronde il farsi tronfi di forti numeri è spesso il corrispettivo delle medaglie appiccicate sulla divisa di certi generali che magari non han mai condotto un’impresa bellica. Nella mia ancora breve e modestissima esperienza di blogger ho sperimentato l’euforia, anche di recente, di visualizzazioni in impennata (e inattese) ma l’impagabile soddisfazione mi viene allorché qualcuno mi scrive – o mi dice direttamente – che quanto lascio sul mio blog lo stimola a riflettere. Perfino a leggere… in chi – per sua ammissione – non coltiva di solito questo interesse. Ci si sente investiti – nel proprio piccolo – di una responsabilità verso i lettori, ma nel contempo si ha la gratificante consapevolezza che quanto si costruisce poco a poco abbia una sua utilità, seppur commisurata al poco che possono veicolare degli articoli d’opinione.
    È quanto vorrei che interiorizzassero proprio coloro che iniziano questa bella esperienza, che invece rischiano di scoraggiarsi proprio per la mancanza di numeri considerevoli di visite, di like, di commenti o di condivisioni.

    Piace a 3 people

    1. Io credo che il blog sia una bellissima avventura, se vissuta bene, che spesso viene rovinata dalla folle corsa verso i grandi numeri. Come hai detto te molti blogger, specialmente quando sono alle prime armi, si arrendono per mancanza di numeri quando invece non tengono in considerazione una cosa.

      Un blogger di successo non è quello che fa 30000 visite al giorno (chissà poi come) ma quello che ha un blog dove quando la gente arriva, legge e va via con qualcosa in più rispetto a quando è arrivato.

      Quando qualcuno ti ringrazia perché hai risolto un problema o appreso qualcosa di nuovo..allora il blog è di successo, le visite e le condivisioni arrivano di conseguenza.

      Piace a 3 people

  5. Eheh, il mitico Tox che intervista il mitico Benn!
    In fondo l’ho sempre sospettato che siete complementari, forse pure amanti bloggerecci XD
    Belle domande e belle risposte.
    Quanto ai video, secondo me si potrà trovare il giusto compromesso per evitare cloni (se il futuro è davvero questo, non oso immaginare gli epigoni dei già tanti ammosciacazzo…!)

    Moz-

    Piace a 2 people

    1. Muahahah molto bloggerecci !! 😀

      I video sostituiranno il blog? Non credo, sicuramente però saranno un valido alleato.

      Certo poi non è perché esiste uno strumento lo devi usare per forza..quindi se sei un “ammosciacazzo” lascia perde. 😀

      Piace a 1 persona

    2. Ciao Miki!

      Interessante ‘sta storia degli “ammosciacazzo”… Non perché io sia un masochista, ma perché non seguendo la “scena video” (possiamo definirla così?) non ho la minima idea di quale sia la composizione della stessa.

      C’è davvero gente i cui video sono così pallosi da “ammosciare il cazzo” ?

      Piace a 2 people

    3. Beh, video lunghi in un mondo veloce… secondo me un video dev’essere come un post del blog: da leggersi, e bene, in cinque minuti.
      Inutile fare troppa retorica o curare checcosamente forme se poi manca il sapersi far guardare 🙂

      Moz-

      Piace a 2 people

  6. Devo ringraziare, perché tanta trasparenza, preparazione ma soprattutto etica professionale, mi hannno ricordato che se anche con il Web non ci mangio, i contenuti che pubblico sul mio blog e sui social possono essere letti da persone a loro modo sensibili agli argomenti che tratto: non si sa che corde si possono toccare…Se poi nascono condivisioni e riflessioni utili, ecco che non esiste ricompensa migliore.

    Piace a 4 people

    1. Ciao Nick!

      A parte ringraziarti per queste belle parole, permettimi di confermare che sì, il fatto di “lasciare” qualcosa in chi legge, spero per chi come noi con il web non ci mangia, è la soddisfazione massima. Ma lo sarebbe anche invece ci mangiassimo, diciamoci la verità 🙂

      Piace a 3 people

  7. Sono riuscita ora a leggere tutti i commenti e mi metto sui ceci per il mio 😉
    Il bello dei commenti è che approfondiscono, arricchiscono, a volte aprono altre vie e altre riflessioni. Diventano un’appendice al post che a volte comincia a vivere di vita propria.
    Questo il like non lo può fare.

    Piace a 4 people

  8. Buongiorno e grazie! Grazie, Andrea, per avere inaugurato la sezione interviste – quando la mia? -, e grazie Simone per essere come sei: le tue risposte sono energia per il mio “amore” per te. Sentimento sincero che scrivo tra virgolette perché non vorrei essere fraintesa con il mio candido capello… sei una delle persone che amo, tutto qui! Condivido il “Simone pensiero” anche sul mio profilo FB e LinkedIn, ah!!!

    Piace a 3 people

  9. Arrivo solo adesso (sorry) dopo giornate frenetiche e finalmente sono riuscita a leggere questa intervista!! Bella, interessante e da queste considerazioni traggo un ulteriore spunto: ovviamente sono in contenuti e non i like a fare la differenza. E’ un concetto importante e che dovrebbe essere spiegato anche al cliente, il quale magari ti dice:”ma come mai ho così pochi like?” e poi scopre che, quei pochi sono molto profilati e che tutte le volte che posti qualcosa di utile per quei pochi, lo apprezzano mandanti mail o messaggi privati.
    Ecco, la non visibilità della reazione che susciti, appunto un messaggio privato o mail, è un fattore tanto importante o forse ancora più importante perché entra appunto nel PRIVATO che alla fine è l’unica cosa che conta davvero!
    Bravi tutti e due, belle domande e risposte non scontate!!

    Piace a 2 people

  10. Ciao Silvia 🙂

    Contento tu abbia trovato il tempo da dedicare a questa “chiacchierata” con Andrea.

    Condivido il tuo pensiero: meglio pochi like (o anche niente, volendo), ma un coinvolgimento molto più profondo, il quale, oltre a provare l’efficacia del proprio modo di porsi, può portare anche ad un ritorno in termini di vero e proprio guadagno (per chi usa il web per fare business, ovviamente).

    Grazie e un abbraccio!

    "Mi piace"

  11. Ammetto che avrei voluto “vedere e sentire” questa intervista (magari con un live!) e non solamente leggerla (anche se 2 risate le ho fatte comunque sfruttando la mia immaginazione e questo proprio perchè è stato detto bene e scritto altrettanto bene).

    Sul contenuto poi, farei tantissime citazioni per commentarle una ad una ma sono davvero tante direi! magari col tempo torneranno utili e se ne approfondirà..quindi dico grazie ad entrambi e concordo con quanto detto.

    Solo una citazione doverosa, ” Chi avrà pazienza di leggermi, leggerà”…infondo anche questa è una strategia per distinguersi 😉

    Piace a 2 people

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.