L’altra settimana mi è arrivata l’email da parte di LinkedIn dove veniva fatto un riassunto del 2021 e dove mettevano in evidenza alcuni cambiamenti che quelli di LinkedIn hanno notato in questo ultimo anno.

Ecco, quello che mi fa sorridere è il dato delle offerte di #lavoro a distanza (o come si trova su Linkedin… #remote oppure come dicono quelli bravi #smartworking).
Ora se facciamo riferimento al mercato del lavoro italiano questo dato fa ancora più ridere. Infatti basta fare una ricerca utilizzando “remote” o “smart working” e specificando come Paese Italia ed effettivamente escono molti annunci per il lavoro a distanza.
La magia finisce quando apriamo questi annunci di lavoro, perché ci rendiamo subito conto che di lavoro a distanza non hanno niente.
E non parlo di annunci molto simili a truffe (che ci sono anche quelli), ma di annunci di lavoro anche di società quotate che nel titolo mettono “smart working” o “remote” ma se poi vai a leggere la descrizione ti rendi conto che il lavoro non sarà svolto in questa modalità.
L’idea che mi sono fatto è che molte aziende utilizzano nei titoli le due parole chiave più inflazionate in questi ultimi due anni per far salire i propri annunci di lavoro.
Un peccato è proprio un vero peccato perché invece di andare avanti e sdoganare una modalità di lavoro che ha vantaggi per tutti (lavoratori e datori di lavoro) continuiamo a fare i “furbetti del quartierino”.